La Certosa di Serra San Bruno – Il deserto tra i boschi tra storia e leggenda
5 Maggio 2023 0 Di kairosmagVivere insieme, ma in solitudine tra i boschi. Si troverebbe, forse, un nuovo senso di umanità e collaborazione tra gli uomini? Si può dire che Bruno, quasi mille anni fa, ci ha provato, adottando uno stile di vita ancora oggi osservato dai suoi seguaci, i monaci certosini, nel cuore della Calabria.
Bruno, o Brunone, era un abate intellettuale come se ne trovano tanti nell’anno mille e, dalla sua Germania, dagli agi di una vita consacrata standard a quei tempi, decise di portare avanti il sogno di una comunità eremitica spinto da una visione di una valle sovrastata da sette stelle: si trattava della Chatreuse, nella regione alpina del Delfinato francese, a mille metri d’altezza, dove nacque la prima “Certosa” nel 1085. Tuttavia, con l’elezione a pontefice di Urbano II, ex allievo di Bruno alla scuola di Reims, Bruno venne convocato alla corte papale per un ruolo di servizio negli affari ecclesiastici. La nostalgia per quei luoghi ameni, ricchi di verde ma carichi di deserto, si fece presto sentire: l’occasione arrivò quando, in seguito all’invasione dell’imperatore Enrico IV e all’elezione di Gilberto antipapa, Urbano e la sua corte si trasferirono nell’Italia meridionale. A quel punto il papa offrì la carica di Vescovo di Reggio Calabria, ma quest’ultimo rifiutò, scegliendo di ritirarsi in solitudine nei territori normanni. Di lì a poco il conte Ruggero I d’Altavilla gli offrì un fondo tra Stilo e Arena e la possibilità di ritirarsi in un eremo chiamato La Torre, dove ora sorge Serra San Bruno. Vi si insediò nel 1091. Secondo la leggenda, però, il monastero sorse grazie ai cani di Ruggero, che sorpresero Bruno e i suoi seguaci tra i boschi: Ruggero ebbe compassione per le condizioni dei monaci e decise di aiutarli.
Un’altra agiografia vede Bruno come un messaggero di eventuali pericoli per Ruggero tramite i sogni: durante l’assedio di Capua il santo sarebbe apparso in sogno al conte avvisandolo di una congiura tramata contro di lui da un soldato.
In questo luogo, che lo stesso Bruno descriveva “dalle verdeggianti praterie e i suoi floridi pascoli”, lasciò la sua impronta, ancora viva dopo mille anni: con la piccola chiesa di Santa Maria del Bosco o del Turri, consacrata il 15 agosto 1094 da Teodoro Mesimerio, Vescovo di Stilo, alla presenza di Ruggero d’Altavilla. Attorno alla chiesa si stabilirono i padri eremiti, mentre alla Certosa o Monastero di Santo Stefano, più distante da Santa Maria che stava in una radura, vivevano i fratelli che non potevano aderire completamente alle rigide regole dell’ordine certosino.
Il deserto nel bosco, Bruno lo trovò in tutto e per tutto in una piccola grotta oggi detta “Dormitorio di San Bruno”, qui il monaco si rifugiava e si ritirava in preghiera. Al suo interno vi è una fossa scavata nel granito dove giace il corpo del santo, scomparso il 6 ottobre del 1101.
Legata alla morte dell’eremita di Colonia vi è un’altra leggenda: si dice che, nel punto in cui venne ritrovato il cadavere del santo, sgorgò una sorgente che alimenta il laghetto su cui oggi vi è una statua del santo nell’atto di pregare.
Nelle fredde acque del laghetto san Bruno pregava inginocchiato, sembra in perenne lotta contro il demonio. Il monaco restava in acqua fino alla cintola in penitenza, lottando egli stesso contro il maligno. Nei secoli successivi si sarebbe intensificato il rito dei cosiddetti spirdati, o posseduti, che dopo una processione venivano presi da un certosino che avesse poteri da esorcista, e “lanciati” nel laghetto. Questo avveniva perché si credeva che bagnarsi in questo lago potesse purificare dai peccati, perciò si usava farsi il bagno nelle sue acque, il lunedì successivo alla Pentecoste.
Nel saggio di Tonino Ceravolo Gli Spirdàti – Possessione e purificazione nel culto di San Bruno di Colonia (XVI – XX secolo) Rubbettino Editore, 2017 – vengono utilizzate per liberare, nel 1522, una ragazza posseduta, le presunte reliquie di San Bruno, ma il solo contatto con le ossa non funziona, allora il vicario dell’eremo suggerisce di fare tre volte il giro del Dormitorio, e poi di ingoiare la terra. A quel punto il demonio lascia libera la ragazza fuoriuscendo da un dito.
La processione degli Spirdati e il bagno nel lago è proseguita per diversi secoli, fino a scemare completamente nei tempi moderni, dove in quelle acque dove prima urla e strepiti la facevano da padrone, ora si sente solo il tintinnio di monete portafortuna dei turisti.
La Certosa, il suo complesso di mura cinquecentesche che la circondano, la pace della natura, il fiume che scorre e un paese, Serra San Bruno, che ha cominciato ad esistere da quando un monaco tedesco ha compiuto la sua scelta di vivere nel deserto ma in armonia col mondo. Perciò ad oggi possiamo dire che ne è valsa la pena, compiere quella decisione, e percorrendo quella fitta boscaglia e ascoltando il dolce rumore del fiume troviamo anche noi la nostra oasi nel deserto, per stare in pace con noi stessi e soprattutto con gli altri
Leggende Metropolitane:
Vi sono alcune leggende moderne legate a questo luogo che, ancora oggi, è ricco di interesse per chi ama il mistero. Si dice che qui si siano rifugiati il fisico Ettore Majorana, poi scomparso in circostanze misteriose, e il pilota dell’Enola Gay, che sganciò la bomba atomica su Hiroshima, ritiratosi nella Certosa per pentirsi del grave crimine contro l’umanità. In realtà non vi fu nessun pilota o copilota della tragedia bellica a soggiornare al Monastero di Santo Stefano, ma un testimone: il soldato statunitense Tony Lehmann, dopo aver assistito alla devastazione di Hiroshima, si convertì e divenne monaco certosino, soggiornando anche a Serra San Bruno per un periodo.
Deborah Serratore