Nomi dal passato – A caccia di toponimi palmesi
13 Febbraio 2021Storia della Toponomastica
Le prime ricerche sistematiche risalgono al sec. XIX in Italia. Il promotore della toponomastica fu Giovanni Flechia (1811-1892), il quale pubblicò a Torino nel 1871 il suo libro: “Di alcune forme de’ nomi locali dell’Italia Superiore. Dissertazione linguistica”. L’obiettivo era di ricostruire i significati originali di alcuni nomi locali dell’Italia settentrionale: in Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia e Toscana. In moltissimi di quei paesi ricorrono frequentemente nomi topografici che terminano in: –asco (come Godiasco) –usco, –osco, -assi (come Vendemmiassi) o che iniziano con bar- (come Barostro, che significa “altezza”) etc.
Prima del 1871, quando non si poteva ancora parlare di una vera disciplina toponomastica, le ricerche sui toponimi erano condotte da storici e geografi, ma i loro metodi erano individuali e non si poteva parlare di un vero metodo scientifico.
Il termine toponomastica deriva dal greco tópos (luogo) e ónoma (nome). I toponimi riguardano anche elementi che non sono visibili, ma che fanno parte dei sistemi identitari di una società come i nomi delle regioni e degli Stati.
Il susseguirsi delle colonizzazioni nell’Italia antica ha lasciato tracce in numerosi nomi di città: trasparente è l’origine greca di Napoli (Neápolis, “città nuova”), messapico è il nome di Brindisi (Brentésion da bréntion, “testa di cervo”, per la forma del porto). Molti toponimi romani sono legati a nomi di persona, come Aosta (Augusta Praetoria) e Forlì (Forum Livii). Alcuni toponimi hanno conservato le antiche desinenze: Rimini deriva dal latino Arimini locativo di Ariminume, sempre da nomi personali col suffisso -anum si sono formati numerosi altri nomi di luogo.
Una parte dei toponimi italiani riflette il passaggio degli Ostrogoti, alcuni toponimi in -engo, per esempio Marengo (la forma più antica è Malarengo, dal nome gotico Malaharjis); di quella dei Longobardi sono testimoni i numerosi toponimi formati con Fara (Fara Sabina, Fara d’Adda…), termine indicante il nucleo familiare che stava alla base dell’ordinamento sociale longobardo. Alla dominazione araba in Sicilia risalgono toponimi come ad esempio Caltagirone da qalʽatalgīrān, ovvero “Castello delle Grotte” oppure il Mongibello (l’Etna) dal latino mons “monte” e dall’arabo Jabal an-Nār “montagna di fuoco”.
I toponimi possono riflettere particolarità geomorfologiche del terreno, vicende storiche e culturali che hanno influenzato l’ambiente geografico: come ad esempio: Taormina (l’antica Tauromenio che presenta la base mediterranea tauro “monte”).
L’arrivo dei coloni greci e successivamente la lingua latina, la grecobizantina, hanno trasformato totalmente la toponomastica, il modo di parlare, la religione, gli usi e i costumi a scapito dell’antica popolazione bruzia.
E la lingua greca ha dato il nome, nelle desinenze a moltissimi luoghi, solo per fare un esempio i toponimi terminanti in -ara, -aro, -aria, -aio, -aia (Arangiàra, Granatari, Praia); quelli in -ica, -ire, -ria, (Vitica, Conserìa, Zòire); in -aci, -ici, -uci, (Arcudàci, Furnàci, Petràci, Elici, Salìci).
Il toponimo è il nome di un luogo appunto, che ha avuto, in un determinato momento della sua storia, un episodio associato ad una famiglia, ad un’attività che vi si svolgeva in una strada (”a Strata da Concia” o “a Pescheria” attuale via Mancuso), all’attività di una chiesa/convento/eremo o ad un luogo di campagna.
Platea Nuncupata (nella strada denominata) è l’espressione che si scriveva accanto a un documento di battesimo o di morte nel 1600 nei registri ecclesiastici, oppure in loco ubi dicitur (nel luogo chiamato) nell’atto di un notaio, espressione che era usata accompagnare l’indicazione di un luogo e come tale è presa a segno di questa storia della toponomastica che parte da lontano e che traccia tante vicende dei luoghi di Palmi.
I toponimi possono essere classificati in:
- antroponimi, se riferiti ai nomi propri;
- poleonimi, se riferiti a centri abitati;
- coronimi, se riferiti a porzioni ampie di territorio;
- fitonimi, se riferiti a nomi di piante;
- zoonimi, se riferiti a nomi di animali;
- idronimi, se se riferiti, a corsi d’acqua;
- limnonimi, se riferiti, a laghi;
- oronimi, se riferiti a rilievi montuosi;
- agiotoponomastici, se riferiti a nomi di luoghi sacri.
La toponomastica sacra o agiotoponomastica, è lo studio in cui figura un nome di un santo o di una santa nella storia locale anche di piccole comunità, da quando la fede cristiana incominciava a diffondersi verso il III-IV sec d.C. All’inizio questi toponimi erano accompagnati dalle forme sanctus o sancta e domnus o domna. Però alcuni paesi hanno una radice ancora più antica come Joppolo, da Jove Polis ovvero città di Giove.
I toponimi e Palmi, storia di una comunità.
Quando Palmi era ancora un borgo agricolo e di pescatori, le strade erano concentrate intorno ai grandi palazzi, alle piccole chiese e piazzette; per il resto c’erano solo vasti campi coltivati e boschi di alberi da frutto proprietà degli Spinelli di Seminara.
Nel XVII sec. La città Palmi era ancora circondata da mura e sotto la signoria del marchese di Arena Andrea Concublet e grazie al commercio continuò ad aumentare di popolazione. Trovandosi in uno spazio troppo angusto, una parte di essa ebbe il permesso di edificare le proprie abitazioni al di fuori delle mura. Fu lateralmente alle due porte di levante e nei luoghi vicini ad esse che l’abitato prese a estendersi. Per questo, sotto l’assenso del feudatario, questa parte delle mura di cinta fu diroccata, e da qui la città si estese notevolmente, tanto che in breve tempo si formarono i rioni Lo Salvatore, Li Canali e San Nicola.
I nomi dei rioni e delle vie a volte indicavano il luogo dove la strada portava. In altri casi le strade avevano lo stesso nome delle chiese che lambivano: Chiesetta del Salvatore, Vico del Rosario, Via del Carmine, Via della Marina o Via santa Maria. Oppure citavano famiglie nobili o i proprietari dei fondi agricoli: Rossi, Ajossa, Elice, Oliva o l’antica via del Prato, ossia l’attuale Bruno Buozzi (ex Via Michele Bianchi nel ventennio fascista). Essa ha un significato agricolo: è la via che uscendo dal paese va verso terreni fertili, terreni destinati a foraggio e verso la campagna aperta, vasta. Come vasto doveva essere il piano a fine ‘800 si estendeva dall’attuale Piazzetta Fiorino (Fontana Muta) fino al Trodio.
Alcune delle vie più antiche si trovano alla Cittadella, come le esistenti Porta Portello (dalla porta principale di ingresso alla Cittadella), Via a Mare. Storici toponimi al centro del paese sono poi via Gioacchino Poeta, Via San Rocco, Vico Arangiara: l’antico luogo ad inizio di Corso Garibaldi era così chiamato per le piante di arancio ivi esistenti.
A livello locale abbiamo moltissimi esempi di agiotoponomastica: Paparone deriva da un’antichissima chiesa del Papas Aronne, Santa Maria prende il nome dall’ex convento femminile risalente al sec XIII, come anche San Leonardo, San Filippo, San Mercurio, Sangianni e, Sanbiceli, Sant’Elia, San Leo, San Fantino ecc.